Diritto d'Impresa

Diritto d’Impresa2021-04-11T19:50:13+01:00

Diritto D’impresa

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Quali gli effetti della morte del socio di SNC sulla ragione sociale dell’impresa2021-04-11T19:57:00+01:00

L’art. 2284 c.c. sancisce che, in caso di morte di uno dei soci, i soci superstiti devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano. A sua volta, in relazione alla ragione sociale, l’art. 2292 c.c. prevede che: “La società in nome collettivo agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di uno o più soci con l’indicazione del rapporto sociale. La società può conservare nella ragione sociale il nome del socio receduto o defunto, se il socio receduto o gli eredi del socio defunto vi consentono”.

Gli eredi, dunque, possono consentire la permanenza del nome del socio defunto nella ragione sociale della s.n.c.: a tale proposito, la Suprema Corte di Cassazione ha altresì precisato che “In tema di società di persone, la modifica della persona dei soci e della ragione sociale non comporta l’estinzione della società e la nascita di un nuovo soggetto, costituendo le società di persone soggetti di diritto distinti dai soci e, come tali, centri autonomi d’imputazione di situazioni giuridiche ad esse immediatamente riconducibili” (Cass. civ. n. 18409/2014). Naturalmente, pertanto, il subentro dell’erede nella s.n.c. non comporterà di per sé la necessità di modificare la partita iva della società.

Orientamenti contrapposti si registrano, viceversa, con riguardo alla ragione sociale: ed infatti, parte della dottrina interpreta i due commi del summenzionato art. 2292 cod. civ. in modo autonomo ed indipendente, affermando che, se da un lato è ben possibile, con il consenso degli eredi, mantenere nella ragione sociale il riferimento al socio defunto, dall’altro sarebbe pur sempre necessario, ai sensi del primo comma della disposizione, modificare la ragione sociale aggiungendo il nome di almeno un socio attuale. Quest’ultima, seconda opzione sembrerebbe peraltro preferibile per ragioni di tutela del legittimo affidamento del terzo in ordine all’effettiva composizione della compagine societaria.

Nell’ipotesi di recesso dalla società il diritto alla liquidazione del valore della propria quota.2021-04-11T19:56:43+01:00

Il diritto di recesso è possibile solo in presenza di determinate condizioni indicate dallo Statuto della società.
Se lo Statuto della società lo prevede, si può esercitare il c.d. “recesso ad nutum” di cui all’art. 2285 comma 1 del codice civile, ossia a semplice richiesta del socio, senza bisogno di fornire motivazioni e offrire un giustificato motivo. Il recesso, in questi casi, avviene comunicando la propria volontà di recedere agli altri soci con preavviso di almeno tre mesi; non è richiesta alcuna forma particolare (talvolta è sufficiente anche un comportamento concludente conseguente a una semplice dichiarazione verbale).
Se lo Statuto non prevede, invece, questa specifica facoltà, allora si potrà esercitare il recesso per giusta causa (articolo 2285 comma 2 del codice civile), se ricorrono i relativi presupposti, quali ad esempio la violazione di obblighi contrattuali, la violazione dei doveri di fedeltà, lealtà, diligenza o correttezza inerenti alla natura fiduciaria del rapporto sottostante.
Il recesso del socio può ritenersi sorretto da giusta causa solo quando costituisca legittima reazione ad un comportamento degli altri soci illegittimo e pregiudizievole del rapporto fiduciario esistente tra le parti del rapporto societario. In tal caso, la giusta causa dovrà essere specificata nella comunicazione di recesso.
Qualora lo Statuto non preveda il recesso immediato nè sussista una giusta causa, vi è comunque la possibilità per il socio che intenda recedere di accordarsi con gli altri soci per uscire dalla compagine societaria.
Tale accordo potrà manifestarsi o tramite l’acquisto della stessa partecipazione del socio recedente oppure addebitandosi il relativo costo direttamente alla società.
Conseguenza del recesso è la liquidazione della quota al socio uscente. Dallo scioglimento del rapporto sorge il diritto del socio o dei suoi eredi a vedersi restituita la somma corrispondente al valore della quota, la cui liquidazione è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. Il pagamento della quota spettante al socio deve avvenire entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.

S.A.S. : Accomandante e dissenso tra i soci?2021-04-11T19:56:24+01:00

Il socio accomandante non ha una partecipazione attiva nella gestione della società. Questa circostanza, infatti, ovvero una diretta partecipazione alle attività aziendali comporterebbe, sotto il profilo legale, l’equivalenza del socio accomandante al socio accomandatario, che per legge riveste il ruolo di amministratore ed è socio illimitatamente responsabile per le obbligazioni societarie. Diversamente, il socio accomandante, risponde esclusivamente nei limiti della propria partecipazione, correndo quindi il rischio di perdere il solo capitale investito.

Questa distinzione è rilevante poiché la situazione di dissenso potrebbe degenerare in un conflitto tra soci potenzialmente problematico rispetto al quale ogni ulteriore parere deve essere rimandato alla disamina degli atti societari e dello Statuto.

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